Una via latina al progetto, visionaria eppure concreta, resistente ad accogliere in automatico le istanze del razionalismo ortodosso, volta ad un innovazione tecnologica inseparabile da una visione culturale complessa e profonda, è il codice genetico che non è mai venuto meno nel design italiano.
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La prima utopia del design italiano è identificabile paradossalmente con un elemento di grande concretezza: l'idea è quella che il pensiero, se è abbastanza forte e lungimirante, riesce sempre a trovare delle vie di attuazione, ha cioè la possibilità di trasformare in qualche modo la propria energia incarnandola in oggetti. La condizione è ricercare il modo in cui all'utopia si possano temporaneamente staccare le ali, precipitarla per un momento sul suolo della vita reale e dell'industria, e trasformare questa caduta libera in un modello di innovazione. Il filo conduttore del libro è una ricognizione del binomio utopia/innovazione come chiave di lettura di fenomeni recenti della produzione e della ricerca in Italia: l'immagine più convincente che ne emerge è quella di una nebulosa creativa, legata alle proprie radici, sensibile a cogliere le correnti più interessanti che a livello internazionale percorrono il design, quanto assolutamente restia ad assumere un modello unico per l'innovazione.
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VAN01@Biblioteca del Dipartimento di Architettura e Disegno Industriale