Fino al XVIII secolo, la produzione musicale e letteraria si rivolge ad un pubblico molto ristretto, composto da aristocratici e, tutt’al più, da chierici. Con la rivoluzione industriale e l’affermazione della borghesia a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo, benessere e alfabetizzazione si diffondono tra i ceti medi.
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Il pubblico si allarga e la vita culturale si svolge sempre meno nelle corti e sempre più nelle sale da concerto, nei locali da ballo e nei caffè. Cresce l’industria editoriale, non soltanto nel settore letterario, ma anche in quello musicale, grazie al successo della vendita degli spartiti. Anche la figura dell’autore subisce dei cambiamenti in questa fase. Se prima l’autore era un cortigiano sovvenzionato da un mecenate, nell’Ottocento egli è un borghese che deve guadagnarsi da vivere con il proprio lavoro. Deve, quindi, fare i conti con i gusti del nuovo pubblico “di massa” e sfruttare le opportunità offerte dal mercato editoriale in espansione. Tra il Settecento e l’Ottocento vengono adottate nella maggior parte dei Paesi europei le prime normative sul diritto d’autore, le quali si fondano sull’attribuzione agli autori del controllo esclusivo sull’uso delle proprie opere. In tal modo, si offre agli autori lo strumento per trarre una remunerazione dalle pubblicazioni, dai concerti, dalle rappresentazioni teatrali e, più in generale, da tutte le forme di sfruttamento delle opere.
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