Circa dieci anni fa fu pubblicato il volume ‘Cento e una voce di teoria del diritto’.
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Il libro, edito per i tipi di Giappichelli, possedeva una chiarissima ed esplicita vocazione didattica, intendendo rappresentare un agile strumento di consultazione a disposizione degli studenti, e in particolar modo delle matricole, che permettesse loro di acquisire una iniziale e fondamentale consapevolezza della specificità del lessico giuridico. A quella prima opera, dal carattere lato sensu enciclopedico, seguì nel 2013 ‘Cento e una voce di filosofia dal diritto’, curata sempre insieme a Francesco D’Agostino e pubblicata dalla medesima casa editrice. Il volume non intendeva fornire al lettore una esaustiva trattazione di cento e una voce di rilevanza giusfilosofica, quanto, piuttosto, aiutarlo a percepire il nesso (logico e dialettico) che legava ciascuno dei lemmi prospettati alla ‘verità’ del diritto e alla giustificazione dell’obbligatorietà normativa. Con la pubblicazione di questo secondo libro si attuò, quindi, un leggero ma significativo slittamento di prospettiva: se, infatti, ‘Cento e una voce di teoria del diritto’ era stato esplicitamente pensato per gli studenti del primo anno del corso di Laurea in Giurisprudenza, tanto da considerarli come ‘i primi e i veri giudici delle sue qualità, delle sue carenze e della sua utilità’; il secondo testo, invece, si rivolgeva a lettori già avvertiti delle diverse questioni, supponendo anzi che essi avessero conseguito un’adeguata e preliminare comprensione dei temi trattati, rimarcando, ‘gidianamente’, come al suo interno non si potesse entrare se non ‘vestiti’ di una precedente formazione giuridica. Come il lettore avrà già intuito, ‘Cento e una voce di informatica giuridica’ si pone in linea di continuità con le opere che l’hanno preceduto, realizzando, tuttavia, un ulteriore cambiamento, dettato essenzialmente dall’interazione tra due diversi ordini di motivi. Il primo motivo – di tipo empirico-fattuale – è che l’informatica giuridica molto raramente viene studiata dalle matricole. Si tratta di una materia, ormai presente all’interno di quasi tutti i Corsi di Laurea in Giurisprudenza, che, proprio in ragione delle sue innumerevoli connessioni e implicazioni con altre branche del diritto, viene quasi sempre affrontata in anni successivi rispetto al primo. Il secondo motivo, invece, è rappresentato dal fatto che l’informatica giuridica è una materia del tutto peculiare e fortemente interdisciplinare. E se nel corso del XX secolo poteva essere considerata come una sorta di terra di frontiera, riservata ad appassionati pionieri, oggi, di contro, essa rappresenta a tutti gli effetti una parte imprescindibile del bagaglio teorico di cui devono essere dotati tutti i giuristi (a prescindere dai loro diversi interessi specifici), in quanto disciplina che si situa al crocevia di molte e sempre più sofisticate questioni teoretiche. Nell’epoca in cui stiamo vivendo l’innovazione tecnologica ha, infatti, raggiunto un elevatissimo livello di raffinatezza, di pervasività e di rapidità. Basti pensare che, nel breve volgere di soli tre decenni, il prototipo sperimentale di internet ha assunto la forma del ben più diffuso e facile da usare World Wide Web, per poi trasformarsi di nuovo, dapprima, nel web 2.0, poi nell’internet of things e, di recente, nel metaverso...
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