In silv. 3,5, uno dei rari testi della silloge staziana di intonazione personale, non scritto su commissione, il poeta si rivolge alla moglie per invitarla a seguirlo nel suo trasferimento da Roma alla natia Napoli in un momento di svolta della sua parabola biotica e poetica che induce a riflessioni e bilanci.
[...]
Nel componimento, che Stazio stesso definisce ora egloga ora sermo, schiudendo una pluralità di suggestioni e modelli eidografici, sull’intento suasorio prevale quello autoriflessivo. In un autore molto incline all’autocostruzione di un’identità poetica anche le strategie per dissipare i dubbi e le remore della consorte, che passano essenzialmente attraverso l’encomio di una sposa fedele che ha sempre satellitarmente orbitato intorno alla vita e alla carriera del marito e l’esaltazione della propria terra natale, diventano un pretesto per parlare di sé e della propria esperienza poetica. In questo senso anche la dialettica tra Roma e Napoli, due città che hanno ospitato e ispirato anche il vate-icona Virgilio, assume evidenti risonanze metapoetiche facendosi figura di una serie di dinamiche interne alla produzione di Stazio e alla sua relazione con il predecessore.
Lo trovi in
Scheda
VAN07@Biblioteca del Dipartimento di Lettere e Beni Culturali