La crescente distanza, segnalata in tutti i paesi occidentali, fra le aspettative di chi è in cerca di un'occupazione e le caratteristiche dei posti di lavoro realmente disponibili, costituisce uno degli indicatori più sintomatici del cambiamento culturale che stiamo vivendo e, al tempo stesso, uno dei fenomeni sociali più difficili da spiegare.
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Quanto tale distanza sia dovuta al mutato rapporto fra le attese economiche rispetto a quelle extraeconomiche non è noto con certezza, anche se non è sfuggito a nessuno l'enorme aumento delle seconde rispetto alle prime. Così pure non si sa quanta parte della distanza sia dovuta al mutato quadro dei valori sociali, alla proposta di stili di vita alternativi, all'esplosione del terziario, alla proliferazione di quelle attività "sommerse" che tolgono attendibilità ai dati sulla disoccupazione.
Questi problemi hanno indotto Calvi e Marbach ad impostare una ricerca caratterizzata da una consapevolezza critica molto ampia e da un punto d'attacco molto ristretto, costituito dalla popolazione dei giovani laureatisi in Italia fra il 1974 e il 1981. Un campione nazionale rappresentativo di questi giovani è stato oggetto di un'analisi molto accurata, con cui si è voluto accertare non solo il numero degli occupati e dei disoccupati in rapporto alle zone geografiche e alla laurea conseguita, ma l'intero quadro egli atteggiamenti e delle convinzioni riguardanti il lavoro, la professione e la vita.
L'indagine, cui hanno collaborato altri noti studiosi, mette in luce l'ampiezza degli effetti della "rivoluzione culturale" esplosa quindici anni orsono e tuttora in corso. E' stato accertato, ad esempio, che la disoccupazione dei laureati è inferiore alle previsioni e che, comunque, non è interamente casuale bensì spiegabile almeno in parte - con atteggiamenti di rifiuto del lavoro, quando questo sia ritenuto lontano dalle aspirazioni soggettive.