A quasi trent'anni dal fenomeno di "Mani pulite", l'indagine svolta nel presente lavoro sottolinea la necessità che il nostro legislatore, dopo essere intervenuto a più riprese in materia di corruzione, sposti il suo baricentro d'azione sulla tutela penale delle gare pubbliche (artt. 353 ss. c.p.).
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Eccezion fatta per la novella del 2010, che ha inserito il reato di cui all'art. 353 bis c.p. («Turbata libertà del procedimento di scelta del contraente»), l'impianto codicistico in materia è piuttosto obsoleto e inadeguato alle potenzialità offensiva del fenomeno, come tristemente appurato anche in tempi di pandemia. In questa ottica, esaminati gli aspetti più controversi della attuale politica penale, il lavoro si conclude in una prospettiva de iure condendo. Ferma l'esigenza di semplificazione del codice dei contratti pubblici, l'Autore suggerisce l'utilizzo di più moderni ed efficaci strumenti penalistici, fra i quali l'applicazione di misure ablatorie e pene accessorie, la previsione di misure premiali per scalfire il fenomeno della collusione oltre all'inserimento delle turbative fra i reati presupposto della responsabilità da reato degli enti ex D.lgs. n. 231/2001.
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