La cosiddetta "nuova programmazione per il Mezzogiorno", che negli ultimi quindici anni abbiamo visto all'opera con i suoi meccanismi finalizzati a incentivare "vocazioni locali" e "spinte dal basso", ha fallito il suo compito.
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Abbiamo assistito ad una polverizzazione della spesa, alla scomparsa di qualsiasi strategia di sviluppo, alla continua erogazione di sussidi ad un sistema di piccole imprese che si è rivelato sempre più dipendente dalla intermediazione politica e che ha continuato a scaricare sul lavoro e sui salari il peso della vana ricerca di una competitività da bassi costi. Per uscire dalla palude nella quale la Campania e il Mezzogiorno sembrano sempre più immersi e dare finalmente un segnale nella direzione dello sviluppo, si pone la necessità di puntare su una strategia alternativa, che rilanci le politiche industriali e ponga al centro della sua azione l'obiettivo della valorizzazione del lavoro. Una prima indicazione in tal senso è la proposta di una nuova disciplina regionale del lavoro che, sia pure nei limiti di un intervento circoscritto e delle normative locali, individui nella qualità del lavoro la strada maestra per il rilancio del sistema sociale e produttivo del Sud.
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