Per sessant’anni l'assetto dei beni culturali ha accompagnato, pressoché inalterato, l'evoluzione dello Stato italiano. Neanche la considerazione che la Costituzione repubblicana, al suo art.
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9, comma 2, abbia elevato la tutela del patrimonio storico e artistico della Nazione a principio fondamentale ha influito sul corso della disciplina, la quale ha "galleggiato", tal quale, nella nuova cornice costituzionale. L'approvazione, alla fine degli anni '90 del secolo scorso, del Testo unico in materia di beni culturali e ambientali ha chiuso un ciclo, inaugurando una nuova stagione normativa. Al lungo letargo è seguita una fase di apparente entropia: un susseguirsi convulso di interventi normativi che non sembra ancora destinato ad arrestarsi e che ha conferito alla legislazione dei beni culturali il carattere della palpabile instabilità. Ad accrescere la quale concorre, sempre più incisivamente, il condizionamento esercitato dal diritto internazionale e da quello dell'Unione europea, i quali, "infiltrandosi" nell'ordinamento nazionale, lo costringono a fare i conti con opzioni assiologichE non sempre coerenti con il tessuto normativo interno.
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