Un libro che vanifica ogni possibile negazionismo. Henry Morgenthau, ebreo americano di origine tedesca, ambasciatore degli Stati Uniti a Costantinopoli dal 1913 al 1916, appena tornato in patria scrive e pubblica la sua testimonianza diretta del genocidio subito dagli armeni in Turchia.
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Consapevole che non si tratta di un massacro dovuto a motivazioni politico-militari, ma del "tentativo di distruggere una nazione" per purificare e rigenerare il popolo turco dal punto di vista razziale. Morgenthau non si limita a testimoniare, ma lotta in prima persona per fermare la strage. Nel corso di innumerevoli colloqui con i leader dei Giovani Turchi, più volte denuncia le persecuzioni contro gli armeni e ne chiede la fine. E, successivamente, si prodiga in prima persona per aiutare, sfamare, salvare - quando è possibile - le vittime del massacro. Per chi legge, le memorie di Morgenthau costituiscono un'esperienza unica. C'è l'oscuro incombere della guerra, delle devastazioni, delle stragi. C'è, descritto con lucidità spietata, il ruolo della Germania, e in primo luogo dell'ambasciatore tedesco, che non solo non mosse un dito per la salvezza degli armeni, ma anzi fu istigatore del genocidio. Il presagio di quanto accadrà trent'anni dopo è tutto in queste parole di Morgenthau: "La Germania aveva lucidamente architettato la conquista del mondo". Lo sterminio degli armeni era solo una "prova generale" di quanto sarebbe accaduto nei campi di concentramento nazisti.
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VAN00@Biblioteca del Dipartimento di Giurisprudenza