La monografia affronta un tema poco studiato sia dal punto di vista storico-giuridico che costituzionalistico: essa mira a ricostruire il ruolo attribuito alle inchieste parlamentari nell'Italia postunitaria dinanzi a una Carta Costituzionale (lo Statuto albertino) che non solo non prevedeva tale prerogativa del parlamento, ma sembrava, anzi, escluderla.
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La ricerca prende in esame, mettendole in relazione, fonti normalmente prese in esame separatamente: le opere dottrinali dei giuristi e i dibattiti parlamentari che si svolsero in occasione delle principali inchieste deliberate dal parlamento postunitario. Le inchieste vengono analizzate seguendo la classificazione allora in uso (inchieste legislative, politiche e personali). Dall'indagine è emersa la rilevanza dell'istituto esaminato sotto più di un profilo: a) concezione liberale della Costituzione ed evoluzioni consuetudinarie della stessa; b) incidenza dell'istituto delle inchieste nel modo di concepire il ruolo dei diversi organi costituzionali e delle loro relazioni, soprattutto sotto il profilo del legame tra Parlamento e Governo e tra minoranza e maggioranza; c) poteri della commissione anche con riferimento ai poteri di indagine e di coercizione della magistratura; d) rilevanza delle suggestioni metodologiche derivanti dalle nuove scienze (come la statistica) e in generale dalla ventata positivistica tardo-ottocentesca nell'immaginare nuove modalità di relazione tra Stato e società. Da questo punto di vista le inchieste, nella loro veste di ricerche sul campo, hanno costituito uno dei fronti del dibattito orientato a identificare le realtà del paese che il Parlamento si riteneva dovesse conoscere e le modalità attraverso le quali tale conoscenza doveva realizzarsi. Un istituto, dunque, quello dell'inchiesta parlamentare, che ha permesso di abbracciare simultaneamente e da un osservatorio scarsamente frequentato dalla ricerca giuridica, alcuni delle principali questioni storico-costituzionalistiche tipiche del periodo successivo all'Unità d'Italia.