Un'indagine della Banca d'Italia sui distretti industriali.
L'Italia è differente dagli altri grandi paesi industriali per la forte incidenza delle piccole imprese e dei settori «tradizionali».
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Questa peculiarità è vista da molti sia come un puzzle (perché l'Italia è così diversa?) sia come un problema (può una simile struttura sopravvivere nella competizione globale?). Verso la fine degli anni settanta, vari studiosi proposero di risolvere il paradosso strutturale dell'Italia sottolineando il dinamismo e l'efficienza di particolari agglomerazioni locali di piccole imprese (i «distretti industriali»), caratterizzate da un particolare tipo di economie esterne che compensava lo svantaggio di scala. Questa idea di un modello idiosincratico di sviluppo locale ha via via guadagnato terreno ed è oggi ampiamente accettata, ma resta basata più sull'osservazione qualitativa e sulla collezione di case studies che su rigorose verifiche quantitative. È possibile dimostrare, ad esempio, che le imprese distrettuali hanno vantaggi misurabili di efficienza? Che i distretti hanno una particolare vocazione all'esportazione? Che il mercato del lavoro o quello del credito funzionano in modo diverso nei distretti? Il filo conduttore principale di questa raccolta di saggi è il tentativo di sottoporre la teoria dei distretti, in maniera per quanto possibile sistematica, alla doppia disciplina della definizione quantitativa e della prova econometrica. In questo, gli autori hanno provato a sfruttare qualche vantaggio comparato: nella tradizione culturale della Banca d'Italia (alla quale molti degli autori appartengono o hanno appartenuto) un certo grado di ossessione sul rigore quantitativo e un po' di fecondo scetticismo hanno sempre avuto un ruolo chiave. Il fatto che la ricerca abbia avuto origine in un progetto della Banca d'Italia dà conto anche del secondo filo conduttore: l'attenzione agli aspetti finanziari, in particolare ai rapporti tra modelli di sviluppo locale e sistema finanziario/bancario, un argomento finora relativamente poco esplorato rispetto alla grande attenzione riservata all'organizzazione del processo produttivo nei distretti. La ricerca si avvale di ampie basi dati e di un'apposita indagine sul campo. Molte delle intuizioni della teoria dei distretti sopravvivono alla prova; altre sono messe in discussione. Gli autori si augurano che i loro risultati possano contribuire a irrobustire il dibattito sulla struttura economica italiana, a sfatare qualche mito e - non ultimo - a discutere in termini razionali delle alternative di policy.