Scritta a Parigi nel 1820 in risposta alla recensione di Victor Chauvet a "Il Conte di Carmagnola" ma pubblicata solo nel 1823 nel volume delle tragedie a cura di Claude Fauriel, la "Lettera" manzoniana è stata sostanzialmente interpretata come uno scritto polemico interno al dibattito romantico italiano.
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In realtà essa fa parte invece di un vero e proprio plesso di scritti manzoniani sul teatro e va annoverata tra i più alti contributi teorici intorno all'idea del tragico moderno, secondo una linea di riflessione che va da Goethe a Kierkegaard. Oltrepassando l'orizzonte dello stesso Romanticismo, la Lettera entra in una costellazione ideale che da Hölderlin a Büchner pone al centro la meditazione sul destino metafisico dell'uomo nell'epoca della sua compiuta storicità. Riflettendo sul 'passaggio' da Racine a Shakespeare e sulla doppia relazione tra antico e mito, tragico moderno e storia, nel nuovo quadro teorico offerto dalle idee di A. Schlegel e Mme de Stäel, l'idea manzoniana del tragico innesta una visione pascaliana del Cristianesimo nella ricerca della verità etica della storia. In ciò riprende in chiave moderna il nucleo più profondo dell'idea sofoclea del tragico.
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