In capo a ciascun individuo esiste un diritto fondamentale e inviolabile alla giusta imposta. Per dimostrarne l'esistenza Mario Miscali opera kantianamente una rivoluzione copernicana capovolgendo il tradizionale punto di osservazione.
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Nel corso della storia il tributo (come manifestazione di schiavitù, di scambio e di potere del sovrano) è stato considerato sempre dal punto di vista dello Stato poiché prevale l'esigenza fiscale di garantire la sopravvivenza economica dello Stato e l'individuo ha il dovere di pagare le imposte (per sudditanza o per solidarietà). La prospettiva secondo l'autore va invertita. La globalizzazione dei mercati, la crisi della sovranità e dei sistemi di democrazia impongono modelli di prevalenza della persona su e contro lo Stato fiscale. Il cittadino è titolare di diritti patrimoniali comprimibili e di diritti personali inviolabili. Il diritto alla giusta imposta è il diritto fondamentale del cittadino-contribuente quale imprenditore, quale contraente, quale familiare, quale indigente, quale malato a partecipare equamente alla redistribuzione delle risorse senza che lo Stato fiscale possa limitare il pieno sviluppo della personalità e l'effettiva partecipazione all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.