Nei secoli dell'età moderna, generazioni di donne e uomini vissero nella credenza, nella speranza e nell'attesa che un intervento soprannaturale risolvesse i problemi di una vita quotidiana segnata da sofferenze fisiche e insicurezze di ogni genere.
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Con il ricorso al miracolo, i fedeli avevano la possibilità di ritagliarsi uno spazio privilegiato nel rapporto con il divino, escludendo così, di fatto, la mediazione ecclesiastica. Inoltre, essi potevano ricorrere ad altri soggetti ritenuti capaci di operare nel mondo del prodigioso: guaritrici, fattucchiere, maghe e Santi si contendevano, infatti, la legittimazione a risanare. La Chiesa era pronta ad assecondare l'enorme bisogno di protezione, purché fosse salvaguardato il suo monopolio di accesso al divino. Si rese, perciò, necessaria anche una regolamentazione del miracolo, un suo uso più confacente alle esigenze della Chiesa stessa. Si assiste, quindi, a un'azione volta a ricollocare il miracolo all'interno dei luoghi sacri, a diretto contatto con le reliquie possedute dai chierici, e a un restringimento delle sue tipologie a modelli più ortodossi. Gli "altri" manipolatori del sacro furono contrastati attraverso la persecuzione inquisitoriale, l'utilizzazione spregiudicata della stessa scienza medica moderna e, soprattutto, la saturazione del "mercato" con la propaganda dei poteri della Vergine e dei Santi, unici adatti a sovvertire un andamento naturale negativo.
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