La storia, anche recente, mostra la fallacia di una delle più ricorrenti 'accuse' mosse all'eguaglianza: quella di favorire il livellamento verso il basso, di produrre stagnazione sociale, cristallizzazione dello status quo.
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È vero il contrario: emarginati, esclusi, diversi, sotto le bandiere dell'eguaglianza, hanno conquistato i medesimi diritti che, nella sfera pubblica come in quella privata, erano appannaggio di una cerchia ristretta della società. L'attuale declino dell'istanza egualitaria investe, più che il principio in sé, la sua forza espansiva negli ordinamenti nazionali. Di contro si afferma, alimentato da una copiosa normativa comunitaria sulla disciplina dei contratti ("anche fuori dal mercato del lavoro"), un "nuovo" diritto antidiscriminatorio, direttamente esigibile nei rapporti tra i privati. I nuovi diritti, articolati per tipologie "di rischio" (genere, etnia, religione, disabilità, età, orientamento sessuale), si mostrano retoricamente attenti alle differenze dei diversi soggetti, alle inedite domande di una società multietnica e multiculturale. La moltiplicazione e la segmentazione delle tutele calata nel terreno critico dei rapporti contrattuali rischia, tuttavia, di compromettere l'efficacia di questa "nuova frontiera" dell'eguaglianza.
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VAN00@Biblioteca del Dipartimento di Giurisprudenza