I conferimenti sono elemento essenziale nella costituzione della società per azioni: consistono nella prestazione, in denaro («in contanti», secondo la definizione della Seconda Direttiva) ovvero in beni in natura o crediti («non in contanti ») che il socio esegue o promette in favore della società per contribuire a fornirle il capitale di rischio; il loro valore, pertanto, deve essere certo.
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Al riguardo, se nessun dubbio può aversi per i conferimenti in contanti [per i quali si può verificare, al più, un eventuale, successivo problema di morosità (art. 2344) allorché il socio sia richiesto di eseguire il versamento dei «centesimi» ancora dovuti], è altrettanto intuitivo che quelli non in contanti possano essere oggetto di un corretto conferimento solo a seguito di un’idonea stima. Non a caso, dunque, la disciplina che li concerne, oltre a disporre che essi siano integralmente liberati al momento della sottoscrizione dell’atto costitutivo (art. 2342), statuisce all’art. 2343 l’obbligo di una relazione giurata di un esperto nominato dal tribunale che ne attesti il valore, relazione da allegare all’atto costitutivo, da controllare ad opera degli amministratori dopo l’iscrizione della società nel registro delle imprese e, all’esito, eventualmente da sottoporre a revisione. Un dovere analogo, pur diversamente modulato, gli art. 2343-ter e 2343-quater, introdotti nel Codice civile nel 2008, impongono agli amministratori in relazione ai differenti procedimenti attributivi del valore previsti per i conferimenti cosiddetti «senza relazione di stima». Risultati particolarmente negativi dei controlli possono condurre alla riduzione del capitale od incidere sulla stessa permanenza del socio nella compagine sociale. Proprio alla luce di queste regole sono inevitabili i dubbi sulla possibilità di conferire «criptovalute», da considerare «non in contanti»; dubbi certamente non infondati, attesa la loro estrema volatilità, palesatasi in modo particolare tra il secondo semestre del 2021 e la fine del 2022, con nette perdite di valore, a dimostrazione della loro problematica idoneità ad assicurare il requisito della certezza, in ultimo quello dell’effettività del capitale. In questo generale contesto potrebbe ritenersi un’anomalia l’art. 2343-bis, che, nella Sezione dedicata ai conferimenti, disciplina i cosiddetti «acquisti pericolosi» effettuati nei due anni successivi all’iscrizione della società; ma l’inserimento è giustificato dello scopo delle disposizioni che vi sono contenute, lo stesso di cui si è sin qui detto, la tutela del capitale, particolarmente necessaria nel delicato periodo iniziale dell’attività sociale. Né costituisce un’anomalia l’art. 2345, che tratta delle prestazioni accessorie: anch’esse, infatti, sono apporti del socio, pur se non capitalizzabili.
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