Il pensiero politico del Rinascimento, nei suoi diversi e anche divergenti itinerari, rappresenta una innovativa e radicale analisi dell’agire pubblico.
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Gli antichi, non accettati quali autorità indiscusse ma valutati criticamente, e le sconvolgenti e inedite istanze poste dalle guerre d’Italia, dalla scoperta del Nuovo Mondo e dalla crisi religiosa costituirono le premesse del dibattito politico nei primi decenni del Cinquecento. Questo libro si concentra sui due poli della discussione: il realismo e l’utopia, che non rappresentarono, però, due risposte antitetiche. Anche l’utopia s’innestò, infatti, sulle urgenze della realtà e non fu affatto una evasione fantastica. Entrambi, poi, furono segnati da dicotomie che caratterizzarono il Rinascimento: dignitas hominis e tragedie storiche, ragione e follia, libertà e fortuna, caso e necessità, accidentale e universale, storia e trascendenza. Attraversando le ambivalenze della realtà, senza pretendere di conciliarle in una sintesi illusoria, e rivendicando la natura libera e razionale dell’uomo, pur nella consapevolezza dei suoi drammatici e ineludibili limiti, la cultura politica rinascimentale propose riflessioni sulle quali ancora oggi ci interroghiamo.
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