Architettura, lavoro, tecnologia, economia e la vera rivoluzione industriale.
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Nata alcuni decenni ora sono dall'esigenza di salvare manufatti non artistici o monumentali, ma significativi a livello storico ed urbanistico, resi ormai funzionalmente obsoleti dallo sviluppo industriale postbellico, l'archeologia industriale ha svolto una funzione essenziale per l'individuazione e parziale preservazione di un patrimonio culturale che all'epoca non rientrava nella tutela dei beni artistici e monumentali. Essa però, per merito di Eugenio Battisti, che fu tra i primissimi ad occuparsi di archeologia industriale in Italia e per decenni ne ha promosso le attività a livello nazionale e internazionale, ha dato luogo anche ad una riflessione a ben più ampio raggio sui problemi più profondi della società moderna. Il presente volume mette in luce il percorso che l'autore ha compiuto in due direzioni: da una parte cercando i segni e le testimonianze della protostoria industriale nei secoli precedenti; dall'altra indagando le nuove prospettive che l'archeologia industriale apriva sulla storia del lavoro e della sua organizzazione, delle invenzioni tecniche e delle loro applicazioni alla produzione, del rapporto tra economia, lavoro, sviluppo urbano e le loro periodiche crisi. Ne emerge un quadro impressionante di continuità e ciclicità, a partire dalla ripresa economica e mercantile dell'alto Medioevo fino alle devastanti crisi degli ultimi nostri decenni, quando le nuove tecnologie e la globalizzazione del mercato hanno reso insostenibile il lavoro centralizzato ed organizzato in enormi fabbriche, hanno imposto nuove professionalità, hanno comportato il disfacimento del tessuto industriale tradizionale fondato sui grandi complessi. Battisti sostiene che la vera rivoluzione non è moderna, bensì è iniziata nel Medioevo e che, cifre alla mano, le crisi della nostra epoca non sono il fenomeno eccezionale di uno sviluppo unico nella storia, ma ripetono una fenomenologia che, sia pure in contesti e condizioni diverse, è riscontrabile in altre fasi espansive e recessive, per esempio nel Trecento o nel Cinquecento. Tale conclusione, ben lungi dal costituire un'apologia del passato, vuol evocare quanto sia complesso il fenomeno industriale, al punto da coinvolgere, oltre ai già citati aspetti dell'economia e del lavoro, l'intero modo di vivere entro la società, entro l'ambiente urbano, entro il territorio. Dalla ricchezza problematica di questo volume risulta più che mai ribadita la necessità che i manufatti connessi all'archeologia industriale, in quanto testimonianze materiali di molti altri aspetti della storia umana, siano preservati, possibilmente nella consistenza e con le attrezzature esistenti al momento della loro dismissione. Però non debbono restare scheletri passivi, ha sostenuto più volte Battisti, ma debbono essere inseriti di nuovo nelle attività attuali, mediante un riuso moderno, rispettoso e qualificante, come si era incominciato a fare già alla fine degli anni Ottanta nelle principali città statunitensi.