È tutt’altro che superato il dibattito relativo all’autonomia concettuale dei principi di ragionevolezza e proporzionalità.
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Non di meno, seppure in assenza di una loro connotazione dogmatica l’evoluzione sociale ed economica oltre che giuridica, ha gradualmente consentito di enuclearne una peculiarità utile, quantomeno, al superamento del rapporto tra gli stessi di genus e species, per il quale la proporzionalità veniva sussunta nella ragionevolezza. Per quanto concerne quest’ultima possiamo dire che anche grazie al dibattito che si è sviluppato nell’ambito della giurisprudenza della Corte costituzionale, pur essendo stata elaborata sul principio di eguaglianza, ha gradualmente conseguito una propria connotazione al punto che sempre più frequentemente vi è un suo autonomo utilizzo, semmai in funzione integrativa ad altri principi costituzionali, ai fini della individuazione di un parametro di giudizio. Posto che analogo discorso può essere svolto anche per la proporzionalità, non è revocabile in dubbio che i due principi esplichino un ruolo ben più ampio rispetto a quello loro assegnato nel passato ove si riteneva che potessero svolgere una funzione esclusivamente nell’ambito di un giudizio di legittimità di una legge sottoposta al vaglio del giudice costituzionale. Oggi si può certamente convenire che detti principi costituiscono un criterio interpretativo di norme incongrue ovvero contraddittorie e illegittime, al fine di renderle idonee a soddisfare le esigenze economiche e sociali del momento storico nel quale le stesse devono essere concretamente applicate. Ecco quindi che i principi di ragionevolezza e proporzionalità debbono congiuntamente concorrere a delineare una scia interpretativa univoca. Inutile nascondersi che la strada da percorrere è ancora lunga. Basti pensare che è alquanto frequente imbattersi, tanto nella giurisprudenza costituzionale che in quella di legittimità o di merito, in sovrapposizioni terminologiche dei due principi anche se va riconosciuto, in particolar modo alla Corte costituzionale, di avere in più occasioni precisato la distinzione tra la razionalità e la ragionevolezza.
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