Il lavoro si incentra sul tema del rapporto fra disvalore di azione e disvalore di evento nella cornice della dimensione sostanziale e strutturale dell'illecito penale.
[...]
Sotto il primo profilo, distaccandosi dall'opinione più sedimentata e dominante che, in nome dell'identificazione nel reato in un fatto lesivo di un bene giuridico, tende a estromettere qualsiasi rilevanza al disvalore della condotta e delle note soggettive che la contrassegnano, l'autore approfondisce, mettendone in luce limiti e incongruenze, quello che è il retroterra assiologico e normativo di questo orientamento, vale a dire il principio di offensività. Di quest'ultimo viene ricostruita la storia, tutta peculiarmente italiana, così da evidenziare le ragioni in forza delle quali in altre esperienze non si è avvertita l'esigenza di enuclearlo. Sotto l'angolazione strutturale, vengono trattati gli aspetti concernenti tipologie di reato, o di sue manifestazioni, che, pur polarizzate su un evento o su un fatto naturalistico causalmente collegato alla condotta umana, hanno risentito del peso preminente attribuito dalla giurisprudenza al disvalore della condotta. Operato un raffronto ultimo con le istanze promananti dal principio di offensività, il lavoro si chiude con una breve postilla, nella quale l'autore suggerisce possibili alternative, de lege ferenda, atte a rimpiazzare le prestazioni che il principio di offensività non è in grado di adempiere.
Lo trovi in
Scheda
VAN00@Biblioteca del Dipartimento di Giurisprudenza