Accomunati da un medesimo nomen iuris il codice di procedura penale accoglie al suo interno diverse declinazioni del giudizio immediato: distinte quanto alla titolarità del potere di impulso; differenti circa i presupposti che lo legittimano.
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Animato, ab origine, da evidenti pulsioni semplificatorie dell’itinerario procedurale, sul solco di un’evidenza probatoria idonea ad attestare la superfluità di una verifica in contraddittorio sulla fondatezza dell’accusa, il rito immediato nella sua accezione ex auctoritate sembra oggi rispondere a nuove esigenze. Soprattutto nella sua articolazione “custodiale”, l’amputazione delle più ampie garanzie offerte dall'iter ordinario non è adeguatamente bilanciata da un controllo sull’azione depauperato del confronto dialettico fra accusa e difesa. Il rito immediato appare ormai rispondere solo a una discutibile pretesa di “energica repressione” e di incremento, in una prospettiva di recupero dell’efficienza, della produttività degli uffici giudiziari. Lo studio si occupa di analizzare i tratti salienti delle plurime articolazioni dei “riti” immediati; ne sottolinea le differenze; ne evidenzia le più vistose e ingiustificate deviazioni sotto il profilo della compressione delle garanzie di un imputato in balìa delle scelte strategiche del pubblico.