Il fenomeno economico dei fondi di private equity si caratterizza frequentemente per l’interesse degli investitori a un comportamento da parte del gestore volto non solamente a individuare società target, ma altresì ad attuare azioni finalizzate a incrementarne il valore, al fine di una (auspicabilmente) lucrosa successiva vendita delle relative partecipazioni.
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In questa prospettiva, l’attività della società di gestione risulta composta non solo dall’esercizio del diritto di voto nelle assemblee delle società partecipate, ma potenzialmente anche dal coinvolgimento nell’amministrazione delle medesime società. Ciò può accadere, a maggior ragione, nel caso di assunzione del controllo. L’obiettivo di questa monografia consiste, quindi, nel valutare se il gestore di fondi di private equity possa esercitare attività di direzione e coordinamento delle società controllate, nell’interesse degli investitori. Dalla risposta affermativa consegue il posizionamento del fondo – pur privo di soggettività – al vertice di un gruppo di imprese, quale centro di imputazione degli effetti della gestione delle imprese stesse, in un contesto di equivalenza funzionale tra patrimonio autonomo e personalità giuridica. A tale risultato si perviene a fronte del generale processo di normazione di istituti caratterizzati dalla segregazione patrimoniale per perseguire una specifica destinazione. Il fondo di private equity, da mero mezzo di investimento, diventa, dunque, strumento per l’esercizio di un’attività di impresa di gestione delle partecipazioni, ulteriore e autonoma rispetto all'attività propria della società di gestione.