Il volume di Max Scheler, Metodo trascendentale e metodo psicologico (1900) - qui presentato per la prima volta in traduzione italiana ? è lo scritto di abilitazione di colui che, nel giro di pochi anni, si sarebbe imposto come uno dei filosofi più originali del Novecento, artefice di una particolare declinazione della fenomenologia, ispiratore dell'antropologia filosofica e fondatore dell'«etica materiale dei valori». In questo saggio, Scheler - prima che la sua riflessione risentisse delle influenze derivanti dalle Ricerche logiche dì Husserl - sviluppa un'indagine approfondita sul metodo filosofico e sul problema del metodo come questione fondamentale di tutta la filosofia, attuando una critica rigorosa delle due concezioni metodiche che all'epoca apparivano ancora come egemoni: il logicismo trascendentalista d'ispirazione kantiana e lo psicologismo di matrice empirista. Nella convinzione che, a dispetto della legge di gravitazione, «in filosofia la costruzione cominci dal tetto», Scheler perviene a configurare un terzo metodo, chiamato «noologìco», in grado di superare l'opposizione tra quello trascendentale e quello psicologico mediante il richiamo al principio superiore di una vita spirituale, in cui si realizza l'unione di realtà psichica e pretesa logica di validità. Al di là dell'efficacia della proposta noologica, lo scritto sul metodo costituisce una tappa significativa nel percorso teoretico scheleriano, caratterizzato anche negli anni immediatamente successivi da un peculiare orientamento neokantiano, e rappresenta al contempo un contributo determinante al dibattito di fine Ottocento sullo statuto delle cosiddette «scienze dello spirito», sulle forme di cultura storica e sui tratti incipienti di una «filosofìa della vita», che vuole oltrepassare lo sguardo di una coscienza meramente oggettivante, per cogliere l'estrema pienezza del vivere nell'unitarietà dell'esperire stesso.
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VAN00@Biblioteca del Dipartimento di Giurisprudenza