Calamandrei individuava nella mobilità sociale il principale compito della scuola. L'opportunità aperta a tutti, indipendentemente dalla nascita, di entrare a far parte della classe dirigente, come garanzia di una giustizia sociale, ma anche come necessità di un rinnovamento efficace dei gruppi dirigenti.
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Considerava la scuola "un organo costituzionale" della democrazia e come la più iniqua e dannosa delle disuguaglianze il privilegio nell'istruzione. Privilegio rafforzato dall'indebolimennto della scuola pubblica a vantaggio di una privata ricca e protetta. Ancor peggio quando questa, col finanziamento statale all'istruzione privata, diventa scorciatoia verso una scuola di partito, o di setta, o di chiesa. Sono argomentazioni di grande attualità, oggi resa ancor più bruciante dal fatto che il sistema dell'istruzione in Italia sembra riavvolgersi intorno agli stessi problemi irrisolti. E il non averli mai definitivamente risolti fa di questi appassionati e lucidi interventi sulla scuola lontani mezzo secolo, scritti con l'eleganza letteraria e la sapienza di uno dei padri più nobili della Costituzione, anche una lente per rileggere la storia d'Italia. "L'analisi di Calamandrei - scrive Tullio De Mauro nell'Introduzione - si impone oggi come ieri. Passa attraverso la capacità di promuovere una istruzione che rialzi in tutta la società i livelli di cultura, la possibilità di realizzare una compiuta democrazia che dia a tutti e tutte una effettiva pari dignità".
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