Il contratto preliminare, nel rapporto costo/benefici, è da considerarsi uno strumento giuridico d'elezione. Forse, anche volendo, non se ne potrebbe fare a meno. Va usato, però, appropriatamente. Il vero contratto preliminare, nel sentire comune, dovrebbe essere essenzialmente clandestino.
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Per chi deve redigere un preliminare, la possibilità di chiarire bene, esplicitando il più possibile, i rapporti tra le parti e quanto queste ultime effettivamente vogliono, esigerebbe una specie di salvacondotto, per l'attraversamento del territorio tributario, senza spiacevoli, comunque gravose, conseguenze. Le cose, invece, stanno, nel bene e nel male, molto diversamente. L'esame della giurisprudenza è finalizzato, nel testo, a consigliare prudenza. In concomitanza con la pubblicazione del volume ha visto la luce il d.l. 4 luglio 2006, n. 223 (c.d. decreto Bersani Visco), convertito in legge 4 agosto 2006, n. 248, che, tra l'altro, detta disposizioni (in particolare, art. 35, commi 21, 22, 23- salvo altri) che, in qualche modo, hanno attinenza, anche se non proprio diretta, con l'argomento in esame. È ovvio che, allo stato, in mancanza di precedenti giurisprudenziali, ci si limiti a registrarne l'esistenza.
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