Sono passati trent'anni dalla prima edizione italiana della Pedagogia degli oppressi.
«Ad alcuni piacerebbe lasciarlo riposto nei manuali di storia delle idee pedagogiche» sottolinea nella prefazione Moacir Gadotti «e ad altri piacerebbe dimenticarlo, a causa delle sue scelte politiche. Egli non voleva piacere a tutti.
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Ma esisteva un convincimento unanime tra tutti i suoi lettori e tra tutti quelli che lo conoscevano da vicino: il rispetto per la persona».
Ed è proprio qui il senso di continuare a leggere, ancora oggi, l'opera di Paulo Freire.
Nei suoi studi, Freire ha insistito sui modi e sulle forme dell'apprendere e dell'insegnare, sulle metodologie della didattica e della ricerca, sulle relazioni personali e sull'importanza del dialogo. La sua pedagogia, quindi, continua a essere valida non solo perché nel mondo esistono diverse forme di oppressione, ma soprattutto perché risponde alle necessità fondamentali dell'educazione contemporanea.
Freire ci ricorda la posizione emancipatrice della scienza, della cultura, dell'educazione e della comunicazione. Ci ricorda che l'educazione è prima di tutto "uno strumento di liberazione". Anche oggi.