A cent'anni dalla sua uscita, "La teoria della classe agiata" di Veblen conserva una notevole importanza.
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Il libro si presenta come un trattato economico classico, dove le questioni tradizionali (consumo, produzione, distribuzione del reddito) sono subordinate al tema della crescita industriale della nazione: via via che l'industria si specializza e aumenta la ricchezza complessiva, aumentano coloro che possono vivere senza lavorare. E costoro, mantenendo gente che a sua volta non lavora, immobilizzano risorse che potrebbero essere impiegate nel processo industriale. Applicando un modello di ricostruzione storica "a ritroso", l'autore mette in luce il carattere retrogrado delle società moderne, indicando diversi esempi di sopravvivenza barbarica presenti nella grande aristocrazia americana. All'origine di ogni forma di proprietà c'è il desiderio di emulare la ricchezza altrui; case, vestiti, servitù soddisfano innanzitutto il bisogno di considerazione sociale di chi li possiede, ciò che incrina la fiducia nella competizione sociale ed economica. Stabilita la tesi della cumulabilità dell'emulazione, Veblen la applica ai meccanismi di distribuzione della ricchezza, dimostrando che, invece di migliorare la situazione delle classi povere, "la lotta degli egoismi" e la rivalità tra ricchi accrescono la concentrazione di ricchezza e potere in quelle privilegiate.
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VAN04@Biblioteca del Dipartimento di Scienze politiche