L'immagine fotografica è, tra i documenti, il più «ingannevole» per quel carattere di verosimiglianza che essa mantiene in ogni sua parte e per la capacità di narrare che conserva comunque. La fotografia cioè, a differenza degli altri documenti tradizionali, può essere ritagliata, ridotta ai minimi termini, ma permarrà in essa una parvenza di realtà.
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Si potrà addirittura sostituire la documentazione di un evento con la sua ricostruzione, o viceversa, senza che ciò sia facilmente percepibile, creando anzi seri problemi di lettura critica dei materiali. Queste specificità sono l'oggetto dell'approfondita riflessione di Adolfo Mignemi, che nella mancanza di un approccio propriamente «culturale» individua il maggiore ostacolo a un uso corretto delle fonti fotografiche in ambito storiografico. Si tratta in sostanza di imparare a conoscere e ad accettare le forme del linguaggio fotografico, per poi affrontare la questione dell'utilizzo della documentazione visiva nella ricerca storica, sia come fonte sia come mezzo di «scrittura». Facendo ricorso a una ricca e puntuale esemplificazione, l'autore analizza gli aspetti tecnici, culturali e documentali della fonte visiva e ricostruisce il nesso tra produzione e fruizione dell'immagine. Il libro è arricchito da una significativa scelta di immagini di guerra, attraverso le quali vengono colte ed evidenziate molte delle problematiche che i materiali fotografici pongono allo studioso.
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VAN07@Biblioteca del Dipartimento di Lettere e Beni Culturali