Novembre 1618: la comparsa di tre comete non solo eccita i timori dei superstiziosi, ma tiene "in continuo esercizio i primi ingegni d'Europa". Ottobre 1623: si conclude la stampa del Saggiatore di Galileo Galilei, colui che gli Accademici Lincei salutano come "lo scopritore non di nuove terre, ma di non più vedute parti del cielo".
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Spaziando dalla genesi del suono all'origine del calore alla composizione della luce "in atomi realmente indivisibili" Galileo entra pubblicamente nella disputa contro "Lotario Sarsi Sigensano, l'astronomico e filosofico scorpione", cioè il gesuita Orazio Grassi. Nel ripercorrere la vicenda delle sue scoperte Galileo delinea insieme una difesa del proprio operato e l'apologia della ricerca scientifica, sempre più insofferente dei vincoli imposti da autorità teologiche e politiche. Nel tempo in cui, come scrive il poeta John Donne, "la nuova filosofia mette tutto in dubbio", Galileo si affida alla matematica come a una guida sicura per uscire da "un oscuro laberinto" e comprendere il Grande Libro della natura; ma "l'artista toscano" non dimentica per questo il ruolo dell'esperimento e l'apporto della tecnica. Geometria, esperienza e "discorso" (cioè arte dell'argomentazione) cooperano così alla confutazione dell'errore in un'impresa che il singolo studioso può tradire solo col rendere il suo intelletto "mancipio - cioè servo - dell'intelletto di un altr'uomo".
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