Una volta la parola "Nord" diceva qualcosa, oggi non dice più niente perché c'è un eccesso di attenzione economica e politica sul Nord, sulle sue aree produttive e i suoi collegi elettorali, ma c'è distrazione invece sul paesaggio e sull'uomo.
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Rumiz compie allora il suo viaggio attraverso le mentalità, le tradizioni e i simboli del Nord (i fiumi, i campanili, i ponti.) per ritrovare il senso di quella parola perduta e l'origine del successo della Lega. Scopre che tra noi è cresciuta silenziosamente una nuova figura, quella dello "spaesato", dell'uomo uscito dalla cultura di paese ma non ancora entrato in quella del "globale", dell'uomo che non chiede risposte razionali ma simboli per radicarsi (e finalmente riconoscersi) in uno spazio vitale. A questa vaga domanda di identità ha cercato di dare risposta il movimento di Bossi, che occupa un luogo immaginario, mitico, metaforico e simbolico prima che politico. Attraverso la mappa negativa dello "spaesamento", la Lega fornisce così anche la mappa del Paese dove, con l'eclissi del sacro, la fine delle ideologie e il virtualizzarsi della politica, riemergono gli ancestrali antagonismi tra centri e periferie, alto e basso, pianura e pedemontania, mare e terraferma, città e campagna. La Lega infatti non nasce dal senso di un'appartenenza comune ma, al contrario, da una sommatoria di antagonismi su piccolissima scala che, con i localismi e l'idea di secessione, rischiano di diventare una forza dissolutrice.
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VAN00@Biblioteca del Dipartimento di Giurisprudenza